Dal "Tripoli brand" a Chicago
- elio dattero
- 17 gen 2021
- Tempo di lettura: 5 min

(riproduzione da: Archivio centrale dello Stato)
Il 14 agosto 1912 mentre la guerra italo turca per il possesso di Libia e Dodecaneso era ancora in corso, veniva depositata da Di Nola Giulio e Gentile Giuseppe la domanda di registrazione di un marchio con le seguenti caratteristiche:
Impronta a colori portante la scritta Tripoli Brand, la figura di una grande stella a cinque punte, la veduta di un paesaggio africano, e la figura di una donna araba in atto di baciare il lembo di una bandiera nazionale sorretta da un ufficiale italiano.
Marchio di fabbrica destinato a contraddistinguere: pasta alimentare.
Numero del registro attestati: 118/35
Numero del registro generale: 12725
(Bollettino delle proprietà intellettuali, anno XII, 1913, II semestre, parte seconda: elenchi degli attestati rilasciati e delle registrazioni eseguite dall’Ufficio, Roma 1914, p. 114)
Il giorno del rilascio dell’attestato è il 28 gennaio 1913
Per quanto riguarda i richiedenti, si trattava di una
Sas costituita nel luglio 1908 tra Paolo Di Nola fu Domenico, il fratello Giulio e Giuseppe Gentile di Giovanni. [...] Nel giugno 1912 la società fu sciolta e pressoché contestualmente fu costituita la società Di Nola Giulio e Gentile Giuseppe [...] Nel 1915 fu sciolta anche quest'ultima società, [...] Continuò l’attività il solo Giuseppe Gentile; d’altra parte l’edificio era di proprietà di suo padre. Gentile fece sue le macchine, utensili, attrezzi e ogni altra attività/passività sociale e saldò in contanti la quota spettante a Di Nola. Restava il problema delle etichette con il marchio della società precedente, per cui Di Nola ritirò quelli con i marchi “San Marco” e “Gragnano Brand” [...] le altre etichette (purtroppo non specificate) portanti le marche della società andarono a Gentile eccetto il marchio “Tripoli Brand”, creato dopo la conquista della Libia di cui era prevista la distruzione.
(De Majo, Silvio, Identità produttiva, cultura e creatività nella storia della pasta di Gragnano, sta in Massimo Marrelli, Alfredo Del Monte, a cura di, Reti delle industrie culturali e creative in Campania, il contributo delle politiche pubbliche, 2017, FrancoAngeli, Milano, p. 155)

(riproduzione da: Archivio centrale dello Stato)
La lettura iconografica del marchio, invece, rispondeva a criteri ben precisi:
Alle indicazioni meramente geografiche […] si sostituirono ben presto le icone che richiamavano esplicitamente la personificazione dell’Italia volta alla conquista della colonia libica. La sottomissione del nemico arabo è ripresa anche dall’etichetta della Ditta di Giulio Di Nola di Gragnano (Na), attiva nel settore di produzione di pasta alimentare, la quale registrava un’immagine a colori – fra le prime appartenenti a questa tipologia grafica (1)
si avverte la forte presa di coscienza di un crescente movimento imperialista che, assente o
fortemente limitato nel periodo della conquista di Eritrea e Somalia, trova una sua forma più matura nel conflitto italo-turco del 1911-12: questo processo trova la sua espressione figurativa nella diffusione di soggetti iconografici aventi come oggetto non tanto l’andamento delle conquiste coloniali, quanto le allegorie dell’Italia trionfatrice sui propri nemici (2)
in Italia la produzione di consenso sembra assumere un ruolo essenziale: in particolare la guerra italo-turca non fu campagna coloniale, ma guerra a carattere nazionale [...] In questo
periodo si segnala perciò la sovrabbondanza di elementi propagandistici a scapito degli elementi informativi (3)
le immagini dei marchi risultavano essere ancora più efficaci da utilizzare come veicoli di un
messaggio di supremazia razziale e di alterità degli italiani rispetto agli africani (4)
Domenico Elia, La costruzione di un’identità nazionale contrapposta all’alterità in Età liberale. Pregiudizi culturali nei confronti dell’Africa nelle immagini dei marchi depositati presso l’Archivio Centrale di Stato, in Rivista di Storia dell’Educazione, 2020:
(1) p. 107; (2) p.112; (3) pp. 104-105; (4) p. 104
Il marchio, come evidente dall’etichetta, era pensato per l’esportazione negli Stati Uniti dove il mercato proprio in quegli anni era in rapida crescita:
per circa un ventennio le esportazioni di pasta aumentarono in modo progressivo, per raggiungere nel 1913 un picco pari quasi a sette volte quelle del 1895. […] Per quanto riguarda la destinazione dell’esportazione alla fine dell’età aurea i principali paesi importatori erano gli Stati Uniti […]
L’esportazione nell’America settentrionale era di gran lunga prevalente, grazie anche alla forte richiesta degli emigranti meridionali: gli Stati Uniti assorbivano il 78% delle esportazioni nel 1911, scese al 63% nel 1912 e nel 1913 […] Ebbene tre quinti circa di questa pasta erano prodotti in provincia di Napoli e in particolar modo a Gragnano e Torre Annunziata. Il nome Gragnano si afferma all’estero e in particolare negli Stati Uniti a tal punto da identificarsi in modo pressoché assoluto con la pasta.[…] Dopo la conquista della Libia (1912) avremo etichette "Tripoli Brand".
La dicitura in basso Specialità di A. Morici & C. indica l’importatore, all’epoca molti immigrati italiani preferivano la pasta importata dall'Italia. La situazione cambiò durante la prima guerra mondiale, quando le importazioni dall'Italia furono interrotte e gli italiani a Chicago dovettero dedicarsi agli spaghetti fatti negli Stati Uniti.
La fabbrica fu orginariamente fondata nel 1886 da immigrati italiani, i fratelli Viviano, con il nome di Viviano Macaroni company.

Nel 1919, i Viviano si fusero con due importatori alimentari italiani, A. Morici Co e Giuseppe Matalone, e divennero una delle più grandi fabbriche di maccheroni della città: la Chicago Macaroni company.

Ma i nuovi soci di Viviano, i fratelli Morici, avevano legami con la mafia. Antonio e Agostino Morici vendevano forniture per la pasta come zucchero e lievito alla famigerata famiglia criminale di Chicago Genna, che venivano usate per produrre liquori contraffatti durante il proibizionismo secondo il Chicago Tribune. Nel 1926, una banda legata ai Genna, nota con il soprannome di “il Flagello”, fece una chiamata ai milionari fratelli Morici. Chiese loro di contribuire con denaro per aiutare a pagare le spese legali per due sicari di Genna sotto processo per aver ucciso due detective. I Morici accettarono di aiutare a pagare le spese per una delle cause, ma non la seconda. Non molto tempo dopo, mentre i Morici stavano guidando verso casa lungo Ogden Avenue, furono colpiti da un colpo di fucile a canne mozze sparato da un'auto di passaggio. Agostino morì sul posto e Antonio morì due giorni dopo. Qualche anno dopo, nel 1934, fu uccisa anche la moglie di un terzo fratello Morici e vice presidente della Chicago Macaroni Company
Nonostante ciò, la crescita del giro di interessi della Chicago Macaroni company fu tale da portarla ad essere all’inizio degli anni trenta del novecento, la più grande di Chicago e il quarto produttore in tutti gli Stati Uniti, ma anche la fiancheggiatrice di Gennaro Calabrese, italo americano a capo di un vero e proprio racket rivolto tra 1931 e 1934 contro i produttori di pasta della Chicago’s Italian-American macaroni manufacturers.
(Barbara Alexander, The rational racketeer: pasta protection in depressed area Chicago, p. 176)
(Stephen Martin, Industrial organization in context, p. 253-254)
Ma L'azienda aveva anche altri problemi. Fu citata per il sottopagamento dei lavoratori, per un malfunzionamento dell'ascensore che effettivamente uccise uno dei suoi lavoratori e per la vendita di olio per insalata con etichetta fraudolenta. Alla fine, l'azienda cedette alla concorrenza e ai problemi legali e lo stabilimento chiuse nel 1968.
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